sabato 15 dicembre 2007

BUON NATALE

L'abete viveva da tanti anni nel boschetto di fronte alla bellissima casa. Conosceva bene tutti i suoi abitanti, soprattutto il pestifero e capriccioso bambino che, con le sue urla, faceva sobbalzare tutti gli animaletti del bosco.
Adesso che si avvicinava il Natale il bimbo era ancora più capriccioso e pretendeva dai suoi genitori, che purtroppo l'assecondavano continuamente, regali strani e costosi, a volte introvabili. Babbo Natale, ormai da qualche anno, si rifiutava di portarglieli, stanco delle sue continue pretese.
Orbene, l'abete assisteva continuamente a tali scene, ma mai e poi mai avrebbe immaginato cosa sarebbe accaduto in seguito.
Una fredda ma luminosa mattina , il bimbo, insieme al padre, si avvicinò all'abete e disse:"Voglio questo! Sarà un bellissimo albero di Natale!"
L'abete si sentì accapponare la pelle (si fa per dire!) e pensò che per lui era finita! Poi ebbe un rigurgito d'orgoglio e pensò:"Venderò cara la pelle! Non finirò in una stanza senza radici. Che fine faranno gli uccellini e gli scoiattoli?"
Quando il bambino si allontanò con il padre l'abete chiamò a raccolta tutti i suoi piccoli inquilini deciso a non arrendersi .
L'indomani il padre del bimbo, accompagnato da quest'ultimo, arrivò con una sega per tagliare l'abete. Appena si accostò partì una gragnuola di pigne ed una colpì il bambino che disse:"Ahi! mi fai male!" L'abete a sua volta rispose:"Anche tu! Immagina un pò quanto me ne farai quando mi farai tagliare tutte le radici!"
Insomma, il padre, per evitare la gragnuola di pigne non riuscì a tagliare l'albero. Così anche il giorno dopo e l'altro ancora. Lui ed il bimbo venivano continuamente centrati, l'abete opponeva una strenua resistenza, aiutato anche dagli animaletti del bosco, alla violenza che il bambino capriccioso voleva infliggergli. Ma le pigne finirono ed arrivò praticamente il suo ultimo giorno. Gli animaletti disperati si arresero e l'abete pure. Si sentiva stanco, ormai il suo destino era segnato.
La vigilia di Natale il bimbo arrivò con il padre. Stranamente non saltellava, sembrava un pò mogio e quando il padre appoggiò la sega sul tronco dell'albero scoppiò in lacrime e gridò di non tagliare più l'abete. Sempre piangendo abbracciò il tronco e spiegò che lui desiderava vedere l'abete ogni mattina, sentire il canto degli uccellini ed osservare gli scoiattoli rincorrersi.
Il padre capì di aver sbagliato ad assecondare i capricci del figlio e pensò che d'ora in poi avrebbe parlato con lui più spesso invece di pensare solo al suo lavoro.
E l'abete? Rimase nel suo boschetto e per Natale fu decorato con fili argentati e palline colorate mentre gli animaletti felici si rincorrevano giocando a nascondino.
BUON NATALE!
Adima Gabriela

mercoledì 5 dicembre 2007

IL TEMPO TRASCORSO


Le due ragazze camminavano sulla spiaggia calda e soleggiata. L'acqua del mare lambiva i loro piedi e le loro gambe: era fresca e piacevole. Le ragazze portavano in perfetto equilibrio sul loro capo i cesti colmi d frutta colorata. Volevano offrirli al vecchio abitante dell'isola che viveva in una capanna oltre le verdi colline. L'uomo viveva isolato per sua scelta, era molto vecchio e rugoso, nessuno sapeva quanti anni avesse. Era però saggio e semplice e non disdegnava le offerte di cibo e bevande. Dopo un bel pò di tempo arrivarono vicino alle colline e si resero conto che nell'aria c'era qualcosa di strano come se tutto si fosse fermato: nessuna foglia si muoveva e nessun uccellino cinguettava. Le due ragazze si resero conto che anche i loro movimenti diventavano sempre più lenti e faticosi...ma cosa stava accadendo? Si guardarono stupite ed un pò preoccupate e quasi senza rendersene conto si trovarono di fronte alla capanna. Seppur incuriosite non sapevano cosa fare... Pian piano, cigolando, si aprì una porticina dalla quale uscì un vecchio rugoso come una tartaruga e malfermo sulle gambe : i suoi occhi erano luminosi come stelle e la sua bocca sorrideva.
"Chi sei?" chiesero le due ragazze. "Sono il tempo trascorso"rispose il vecchio e tirò fuori da sotto il suo ampio abito uno specchio. "Guardatevi!" disse rivolto alle fanciulle.
Lo specchio rifletteva però l'immagine di due donne vecchie...ma dove era finita la loro gioventù?
Una delle fanciulle riconobbe nella immagine riflessa se stessa e perplessa guardò il vecchio. Lui fece finta di niente ma ella sempre più preoccupata pensò che la sua vita si era praticamente conclusa. Pensò ai suoi genitori, agli amici ...quante cose non dette e non fatte! Quanto tempo sprecato nella ricerca delle cose inutili...doveva tornare indietro e spiegare a tutte le persone care che per lei loro erano sempre stati importanti. Anche l'altra ragazza pensò le stesse cose e guardò il vecchio facendo trapelare tutta la sua angoscia. Pensò che la sua unica preoccupazione era sempre stata quella di essere la più bella del villaggio, non aveva mai rivolto un sorriso o una parola gentile alle altre ragazze...ed ora era solo una donna vecchia, rugosa e sola.
Dopo un lasso di tempo, che parve alle due fanciulle interminabile, il vecchio dagli occhi splendenti disse:"Non preoccupatevi, avete solo superato il confine del tempo ma entro breve ritornerete come prima. Ora siete due ragazze spensierate ma da grandi potreste perdere la vostra serenità se darete importanza solo alle cose futili. Date un senso alla vostra vita, preoccupatevi di essere oneste e leali altrimenti arriverete alla vecchiaia stanche e tristi senza il conforto delle persone care.
Dopo si avvicinò ad ambedue , le guardò intensamente e scomparve.
Le due fanciulle tornarono lentamente indietro e man mano acquistarono la loro energia e gioventù. Si sentivano profondamente cambiate. Adesso esistevano anche gli altri .
Adima Gabriela

venerdì 26 ottobre 2007

LA FAME FA' IL SERPENTE LADRO

Il serpente si svegliò, sbadigliando a più non posso e stiracchiando le sue spire dopo il lungo letargo. Era arrivata la primavera con i suoi colori, profumi di fiori e non solo...La primavera significava anche poter mangiare finalmente. Il serpente sentì il suo piccolo stomaco brontolare, aveva una fame...Dopo aver controllato un attimo il suo aspetto, dal momento che intendeva cercare anche una serpentella con la quale mettere su famiglia, uscì dalla sua tana, respirando a pieni polmoni. Dopo soli due minuti rimase di stucco! Ricordava infatti che, prima del suo letargo, vicino al palazzo reale, c'era un bellissimo prato verde dove praticamente era difficile incontrare anima viva. In compenso si poteva procacciare tanto di quel cibo da diventare obesi. Adesso il prato era pieno di mercanzie e di tante donne che, accovacciate, attendevano che qualche signorotto uscisse dal palazzo reale per acquistare le loro merci. Il serpente pensò che in compenso lui sarebbe rimasto con la pancia vuota: quale preda sarebbe rimasta tranquilla ad aspettare le sue fauci con tutta quella gente? Il pensiero di restare digiuno gli fece aumentare la fame ed aguzzare l'ingegno. Iniziò a pensare come fare per superare il prato: piano piano scivolò sull'erba ma si impigliò nella gonna di una delle venditrici. Restò con il fiato sospeso e la reazione della donna non si fece attendere: si sfilò la pantofolina e gli diede un colpaccio sulla testa! Il serpente, un pò stordito, pensò che anche lui aveva avuto paura nel vedere la donna, ma non per questo l'aveva picchiata! Non si perse però d'animo. Aveva infatti adocchiato i cesti pieni di frutta e poichè il suo stomaco reclamava il cibo pensò di rubarlo. Mentre stava per infilarsi dentro un cesto colorato sentì una risatina sommessa. Si voltò incuriosito e vide una graziosa serpentella che lo guardava divertita. Si avvicinò cautamente per evitare un'altro colpo di pantofola e chiese alla serpentella il motivo di tanta ilarità. Si sentiva un pò offeso, affamato ed aggressivo!
La serpentella gli spiegò che non era normale che lui rubasse visto che il cibo non scarseggiava.
Lui sempre più indispettito le rispose che in quel prato dove era nato si erano insediati i mercanti e quindi non poteva più procacciarsi il cibo perchè l'avrebbero tramortito a colpi di pantofola. Allora la serpentella capì che aveva a che fare con un serpente pigro, abitudinario e poco intraprendente! Non aveva capito che il mondo non finiva in quello spiazzo? Preferiva rubare, piuttosto che cambiare le sue abitudini!
Gentilmente chiese al serpente di seguirla. Lui, che aveva notato la bellezza della serpentella, non se lo fece ripetere due volte. Strisciarono e strisciarono, quatti quatti, la serpentella era molto sicura di sè e di tanto in tanto lo osservava di sottecchi. Anche lei pensava che era un gran bel serpente.
Arrivarono dalla parte opposta del palazzo reale, uno spiazzo erboso enorme, pieno di piccole prede e tanta frutta! Il serpente mangiò così tanto da non riuscire a strisciare per un bel pò. Quando ebbe digerito tutto ( ci volle un pò di tempo) iniziò a vergognarsi della sua scarsa intraprendenza. Dopo il letargo aveva preferito scegliere la via più facile invece che cercare altre soluzioni. Parlò a lungo con la serpentella e lei gli disse semplicemente che poteva stabilirsi in quello spiazzo dove esistevano tante tane vuote.Il serpente accettò e dopo alcuni giorni mise su famiglia con la tenera serpentella che gli aveva insegnato, nella difficoltà, a ricercare nuovi orizzonti.
Adima Gabriela

giovedì 11 ottobre 2007

LIBERI COME FARFALLE


In un lontano villaggio vivevano delle farfalle così colorate da confondersi con i fiori. Le farfalle volavano continuamente formando strane figure e gli abitanti del villaggio erano felici della loro presenza.
Nel nero e tetro castello, arroccato sulle montagne, svolazzavano dei neri uccellacci. Il castello era abitato da malvagi calabroni che trascorrevano il loro tempo spaventando le farfalle. I loro sciami le inseguivano continuamente costringendo le poverette a nascondersi senza potersi difendere. Le farfalle non riuscivano ad opporsi a tali cattiverie perchè i calabroni erano più forti e numerosi rispetto a loro.
Un giorno, durante uno dei soliti inseguimenti, in cui il colore delle farfalle si mescolava in una scomposta girandola con il nero dei calabroni, le farfalle videro immersa nel bosco una casetta con il tetto rosso. Entrarono dentro una finestrella e rimasero nascoste in una piccola stanza finchè i calabroni, non vedendole più, rientrarono indispettiti nel tetro castello. Mentre le farfalle volavano dentro la stanzetta entrò una bella fanciulla dai capelli neri e vestita di rosso. Quando le vide si mise a ridere felice. A lei le farfalle piacevano tantissimo perchè con i loro meravigliosi colori le sembravano dei fiori volanti. Chiese come mai si trovassero nella sua stanza. Una farfalla, ancora spaventata e tremante, spiegò che i malvagi calabroni ormai da lungo tempo non le facevano vivere in pace. La fanciulla, dispiaciuta, disse che avrebbero trovato insieme una soluzione e le rimproverò per non aver chiesto prima l'aiuto degli abitanti del villaggio.
Durante la notte ospitò le farfalle nella sua casetta e pensò continuamente come poter rendere innocui i calabroni nonostante la loro cattiveria. A furia di rimuginare le venne un'idea...
Chiamò tutte le farfalle a raccolta e chiese ad alcune di andare dai bachi da seta per farsi prestare dei fili lunghi e trasparenti. Le farfalle eseguirono l'ordine. I bachi inizialmente si dimostrarono un pò taccagni ma alla fine, dopo le dovute spiegazioni, decisero di aiutare le farfalle regalando addirittura dei fili di seta.
Quando la fanciulla ebbe i fili di seta andò nel bosco per cercare degli aghi di pino sottili ma resistenti. Dopo, aiutata dalle farfalline, iniziò a preparare una rete . Ci vollero tanti giorni di duro lavoro, ma alla fine fecero insieme una grandissima rete trasparente.
Come un perfetto generale la ragazza preparò insieme alle farfalle una controffensiva contro i calabroni!
All'alba del giorno successivo la giovane si mise a capo della spedizione: tutte le farfalle, come tanti piccoli soldatini, volavano ordinatamente dietro di lei, tenendo ognuna, con le zampine, una parte della grande rete. Non avevano paura, perchè si sentivano unite e forti: la presenza della fanciulla le aveva rese sicure. Volevano liberarsi, una volta per tutte, della cattiveria dei calabroni che avevano pavidamente subito.
Arrivarono vicino al tetro castello. La fanciulla disse alle farfalle di nascondersi dietro un cespuglio chiedendo però ad un piccolo gruppo di distrarre gli uccellacci neri che svolazzavano sopra il castello.
Il piccolo gruppo, nonostante il timore di essere mangiato da tali bestiacce, riuscì a svolgere con successo tale compito.
L'altro gruppo di farfalle si alzò invece in volo deponendo la rete sopra il castello dove i calabroni si trovarono improvvisamente prigionieri. Essi, spaventati, tentarono inutilmente di uscire. Provarono e riprovarono ma fu tutto inutile. Si resero allora conto che a causa della loro cattiveria avevano perso la libertà..
Dopo tanti giorni le farfalle, insieme alla fanciulla, chiesero ai calabroni se preferivano vivere liberi e pacifici, oppure restare prigionieri per sempre . I calabroni, capita la lezione, decisero di vivere liberi e pacifici. Da allora nessuno si lamentò più di loro.
Adima Gabriela

martedì 25 settembre 2007

CHIACCHIERE...CHE PASSIONE!


La bianca casetta era immersa nel verde bosco. Da anni gli abitanti del villaggio ne conoscevano l'esistenza ma nessuno aveva mai compreso chi l'abitasse. D'inverno il comignolo fumava ma degli inquilini nemmeno l'ombra. Così gli abitanti del villaggio avevano iniziato a fantasticare e le chiacchiere si sprecavano. Le vecchie comari non avevano più freni: parlavano tra loro di fantasmi, di mostri ...e più parlavano più si convincevano della loro esistenza!
Alla fine tutti gli abitanti quando passavano nel bosco e vedevano in lontananza la casetta acceleravano il passo provando dei piccoli brividi di terrore. I bambini, intimoriti dalle continue raccomandazioni dei grandi, non giocavano più nel boschetto, privandosi della bellezza di quel luogo.
Un giorno due ragazzi, stanchi delle continue chiacchiere degli adulti, decisero di andare a giocare proprio nel boschetto: la giornata era soleggiata e luminosa ed in lontananza si vedeva la casetta bianca...Si misero a giocare con il pallone sentendosi felici e finalmente liberi di muoversi. Ma i palloni si sa volano lontano se colpiti con forza... e così i ragazzi si ritrovarono senza volerlo accanto alla mitica casetta bianca!
Si guardarono intorno un pò timorosi temendo di essere assaliti improvvisamente da chissà quale mostruosa creatura...ma nulla accadde!
Girarono pian piano intorno alla casetta, notarono che aveva le finestre semichiuse e che dall'interno proveniva un buon odorino di dolci...
"Salve ragazzi! Finalmente vedo qualcuno!" I due ragazzi spaventati fecero un salto...si girarono al suono della voce ma non videro nessuno.
"Sono qui, guardate giù, in mezzo all'erba!"
I due ragazzi abbassarono il capo e videro un omino piccino, un nanetto grazioso con un buffo capellino nero immerso nell'erba del prato. Anche l'omino li guardava incuriosito e sembrava quasi felice di vederli. Non aveva i dentoni di un mostro, non sembrava un fantasma ....era solo basso di statura. I ragazzi gli chiesero chi fosse e da quanto tempo abitasse nella casetta bianca. L'omino non si fece pregare e parlò ininterrottamente per ore. Spiegò che la sua famiglia viveva in quella casa da molte generazioni ma essendo dei nanetti nessuno riusciva a vederli. Spesso l'erba del bosco era più alta di loro. Dopo li fece entrare nella casetta dove la piccola moglie stava sfornando una torta profumata circondata da due piccoli bimbi.
I ragazzi trascorsero una giornata allegra, risero, scherzarono e mangiarono. Quando si accomiatarono il piccolo omino disse ridendo:"La prossima volta quando verrete a trovarmi sarete sicuramente più tranquilli. Dite agli abitanti del villaggio che nessun mostro vi ha divorato"!.
I due ragazzi fecero ritorno al villaggio con la consapevolezza che le chiacchiere sono come le ciliegie : una tira l'altra, solo che le chiacchiere diventano sempre più grandi, le ciliegie purtroppo no! Raccontarono l'accaduto ai loro genitori e fecero capire agli abitanti del villaggio che i mostri esistevano solamente nella loro lingua lunga. Gli abitanti capirono la lezione, ripresero a frequentare il bosco e col tempo diventarono amici dei nanetti.
Adima Gabriela

giovedì 6 settembre 2007

LA PAURA FA NOVANTA


L'Elefante sognava continuamente di ballare al suono di chitarre, tamburi e trombe...sognava...e basta!
La sua mente era sempre in fermento ma in realtà era così pigro e grasso da non riuscire più a muoversi! Più erano sgraziati i suoi movimenti e più lui sognava ad occhi aperti di danzare, lieve come una libellula, con i suoi ritmi musicali preferiti: rock and roll, flamenco, tango ...e chi più ne ha più ne metta!
Un giorno il Coccodrillo, stufo di vederlo con gli occhi sempre imbambolati gli disse:"Smetti di sognare ad occhi aperti e datti da fare! Lo sai che anche i grassi possono ballare se si esercitano?Perchè non fai un pò di ginnastica visto che più che un elefante sembri una montagna di lardo?"
L'Elefante, un pò giù di corda, non rispose, pensando che il Coccodrillo aveva la capacità di rendere tutto troppo facile. Sbuffando a più non posso pensò che il suo sogno non si sarebbe mai avverato....e per consolarsi si mangiò mezza giungla!
Il Coccodrillo, sempre più stufo, chiamò sommessamente il brutto, peloso e puzzolente Topo Nero e si mise a confabulare con lui, ma solo dopo avergli promesso che non l'avrebbe divorato!
L'Elefante aveva infatti paura del Topo Nero e per tale motivo il Coccodrillo pensava che l'unico sistema per farlo dimagrire e fargli realizzare il suo sogno era quello di farlo correre! A volte la paura fa novanta!
Il Topo Nero, a sua volta, si sentiva molto importante per aver ricevuto tale incarico oltre a divertirsi al pensiero di "allenare" l'Elefante . Inoltre il Coccodrillo gli aveva assicurato che non avrebbe più cercato di mangiarlo!
Il giorno successivo, mentre l'Elefante era immerso nei suoi soliti pensieri ballerini, il Topo si avvicinò a lui sfacciatamente, restando in attesa di una sua reazione...che, come immaginato, non si fece attendere! Il bestione, trasecolato, con un balzo (si fa per dire), iniziò ad indietreggiare e mentre il Topo avanzava non ebbe altra scelta che quella di mettersi a correre pur di non vedere quella bestiaccia pelosa.
Ma il Topo gli stette dietro tenacemente. L'Elefante correva scompostamente facendo rimbombare la giungla, ma il Topo non demordeva. Quando l'Elefante, dopo aver corso per ore, si fermò, era così sfinito che mangiò come un uccellino e dormì come un ghiro.
La stessa scena si ripetè il giorno dopo e proseguì così per un bel pò di tempo. L'Elefante oltre che stremato era infuriato, desiderava schiacciare quel topaccio con la sua zampa, ma la paura lo faceva desistere...finchè si rese conto che, proprio grazie alla nera bestiaccia, aveva perso un numero considerevole di chili. Tutto sommato il Topo Nero gli aveva reso un gran bel servizio!
Forse ora poteva danzare, si sentiva bello e pieno di energia! Mentre passeggiava nella giungla vide due uccelli colorati che fischiettavano e danzavano uno scatenato rock and roll. Si muovevano in perfetta sintonia ed erano così immersi nella danza da non accorgersi della sua presenza.
L'Elefante li guardò incantato ed improvvisamente, scordandosi della sua mole, seguì il ritmo della melodia. Le sue zampe si mossero ed insieme alle zampe tutto il suo corpo. Si sentiva lieve e felice! Aveva realizzato il suo sogno e non aveva più nessuna intenzione di rinunciarvi.
Il Topo Nero, sparito definitivamente dalla vita dell'elefante, dopo essersi montato la testa, decise di allenare una squadra di topacci neri per le prossime olimpiadi della giungla.
Adima Gabriela




L'UCCELLINO BILL


L'autrice di questa delicata storia è Veronica Serrano, una giovanissima amica che da grande vuole fare la scrittrice. Si ringrazia Veronica per il suo contributo.


Tanto tempo fa, in una regione lontana, nacque un piccolo uccellino che mamma tordo chiamò Bill; era un piccolo pulcino senza piume, con tanta voglia di esplorare il mondo, così un giorno si spinse fuori dal nido, per vedere cosa c'era al di là della sua casetta.
Sporgendosi troppo cadde dall'albero su cui i suoi genitori avevano costruito il nido e si trovò in una immensa distesa d'erba. Il paesaggio gli piaceva:c'erano tantissimi fiori colorati che profumavano e ruscelli con acqua pulitissima che sgorgava da sorgenti nelle rocce.
Ma l'uccellino nonostante il bel paesaggio si sentiva completamente solo: gli mancavano la mamma ed il papà! Una rondine di passaggio vide piangere il piccolo Bill e quindi gli chiese:"Cosa c'è?" L'uccellino rispose:"Sono da solo, non so dove andare e non posso più tornare a casa!"
La rondine, che ebbe compassione di quell'esserino, decise di aiutarlo: lo caricò sulle sue spalle e cominciò a levarsi in volo, dopo poco.."Ecco il mio nido, la mia mamma...e il mio papà!!"
La rondine lasciò Bill dove lui le aveva indicato e se ne andò ringraziata da tutta la famiglia. Da quel giorno l'uccellino Bill non si sporse più dal suo nido se non dopo essere cresciuto ed aver imparato a volare.
Veronica




martedì 7 agosto 2007

IL COVO DEI BRUCHI PELOSI


I verdi bruchi pelosi vivevano in un boschetto luminoso e nascosto tra le montagne. Erano numerosi e messi tutti in fila formavano un folto tappeto. Nessuno poteva calpestarli perchè gli umani non conoscevano il loro covo. Le femmine dei bruchi erano civettuole e molto orgogliose del loro pelo: lo acconciavano con i fiorellini, lo ondulavano e arricciavano con dei rametti sottili e quelle più audaci lo tingevano con il succo dei mirtilli. Pertanto, essendo verdi, si distinguevano lontano un miglio. I maschi non avevano problemi di questo genere ma erano ugualmente orgogliosi del loro pelo folto e ispido.
Ma un nemico tramava nell'ombra: un bruco calvo e invidioso. Tale bruco, che viveva nelle vicinanze del boschetto, era purtroppo nato liscio come l'olio e questo lo rendeva insicuro e infelice. Per di più si era innamorato di una bruchina pelosa e sentendosi brutto e diverso, non sapeva come fare per dichiararle il suo amore. Insomma, proprio una brutta situazione che pensò di risolvere rubando un pò di pelo ai bruchi .
Ogni notte, pian piano, si accostava ai bruchi addormentati e con un sassolino acuminato tagliava il loro pelo ; dopo averlo racimolato, lo faceva tessere da un ragno, per ricavarne una piccola pelliccia che avrebbe poi fatto aderire al suo corpicino. Tutto filò liscio per molte notti, fino a quando alcuni bruchi pelosi incominciarono a rendersi conto che il loro pelo era notevolmente diminuito.
Preoccupati pensarono di avere una strana malattia, ma il bruco stregone li tranquillizzò. Alla fine , dopo averci pensato e ripensato, essi capirono che era stato un ladro a tagliare e rubare il loro pelo. Così iniziarono ad appostarsi ogni notte nella speranza di acchiapparlo. Ma nulla accadde.
Un giorno si presentò nel loro covo uno strano bruco: aveva una pelliccia foltissima, esagerata, mai vista da nessuna parte! Ad un certo punto la pelliccia, per un brusco movimento, si spostò, cadendo quasi per terra e facendo intravedere un corpicino liscio. I bruchi compresero che era lui il ladro ma visto che il loro pelo era ricresciuto, molto più bello di prima, non lo rimproverarono, anzi gli regalarono del miele selvatico per incollarsi la pelliccetta che, in fin dei conti, apparteneva un pò anche a loro.
Il bruco impellicciato, accolto per sempre nel loro covo, riuscì finalmente a realizzare il suo sogno d'amore . E visse per sempre con la sua amata, felice ...e peloso!
Adima Gabriela

domenica 8 luglio 2007

GIOCATTOLI DIMENTICATI

Richard era un anziano uomo giapponese con una zazzera di capelli bianchi, lisci come spaghetti e le sopracciglia scure che mettevano in risalto i suoi occhi a mandorla.
Tutti lo conoscevano perchè girava per il paese con la sua vecchia ma solida bicicletta. Sfrecciava elegantemente, salutando tutti con un gran sorriso ed agitando la mano.
Richard, chiamato da tutti affettuosamente Dick, aveva girato il mondo e fatto interessanti esperienze. Egli aveva una grossa dote:trasformava gli oggetti inutilizzati in meravigliose opere d'arte. Tagliava, incollava, limava...a volte dava vita a strani oggetti, a volte utili, a volte inutili, ma sicuramente belli e rifiniti con cura e dedizione.
I bambini con lui erano sempre felici: i giocattoli rotti e buttati in angolini dimenticati, tra le sue mani rinascevano con nuove forme e diventavano più interessanti; i tappi di sughero, limati potevano essere usati come biglie, le foglie ed i rami secchi, trasformati in quadri esprimevano in modo autentico la natura...e che dire dei sassolini lavati e lucidati come tante piccole perle!!
Tutti i mercatini delle pulci, pieni di di cianfrusaglie e di stranezze, erano stati da lui visitati, nella continua ricerca di oggetti che potessero incastonarsi perfettamente con altri.
Dick diceva sempre:"Ogni oggetto è alla continua ricerca della sua metà e identità, solo così potrà essere felice".
Quando trovò uno strano ombrello doppio, con un unico manico, disse ridendo:"E' per gli innamorati"!
Un giorno così come era arrivato sparì! I bambini sentirono la sua mancanza e i giocattoli vecchi e rotti restarono dimenticati nei loro angolini. Durante una calda sera d'estate, i bambini del paese, sollevando gli occhi al cielo, videro, confusi tra le stelle, tanti strani oggetti ed una bicicletta che sfrecciava elegantemente tra le nuvole . Tutti insieme lo salutarono.
Ciao Dick.
Adima Gabriela

lunedì 11 giugno 2007

PRISCILLA E IL MOSTRO DEL FIUME

La castorina Priscilla arrivò, dopo un lungo viaggio, sulla sponda del fiume azzurro. Il posto era così bello che decise di fermarsi per mettere su casa. Mentre si accingeva a sistemare le sue cose, sentì un vocione che le diceva:"Cosa vuoi! Vattene via, questo posto è mio!"
Priscilla si voltò e vide un gigante blu, con un testone enorme pieno di ispidi peli. Per nulla intimorita gli rispose per le rime:"Questo posto e di tutti e ci resto finchè mi pare e piace!".
Il mostro, con l'intenzione di farla scappare via, lanciò un urlo spaventoso, ma la castorina, serafica, gli disse:"Temo che fra un pò avrai un gran male perchè i tuoi dentoni sono cariati". Il mostro, offeso, se ne andò via tutto impettito.
Per alcuni giorni Priscilla non lo vide più. Il mostro, che durante il giorno aveva l'abitudine di dormire, invece non riusciva più a chiudere occhio. Priscilla infatti cantava sempre a squarciagola e sguazzava chiassosamente nel fiume per trasportare i rami secchi.
Il mostro si rodeva di continuo pensando che Priscilla gli aveva rovinato la sua bella solitudine, era felice, ed in più non aveva alcuna paura di lui ! Gli altri animali, alla sua vista, tremavano e scappavano a zampe levate. Lei invece no! Egli si consolava fantasticando tremende vendette nei confronti di Priscilla, ma, in realtà, non voleva ammettere a se stesso che si stava abituando alla sua presenza.
Priscilla, nel frattempo, aveva preparato la sua comoda tana e sperava ardentemente di incontrare un bel castoro con cui mettere su famiglia. Di tanto in tanto dava una sbirciatina al mostro che, quando dormiva, russava come un mantice. Quella rumorosa presenza le dava tuttavia un senso di sicurezza e compagnia, finchè anche lei, pian piano si rese conto di essergli affezionata.
Una mattina raccolse delle fragole e le lasciò vicino al puzzolente giaciglio del mostro. Quando egli si svegliò, alla vista delle fragoline, si commosse ed una lacrima scivolò sul suo brutto viso. Priscilla, che si era appostata dietro un cespuglio per spiarlo , lo vide improvvisamente sciogliersi come neve al sole. Spaventata chiuse gli occhi. Quando li riaprì vide un castoro in mezzo ad una pozza di acqua blu. Titubante si avvicinò al castoro che, non appena la vide, le disse :"Una volta ero un castoro arrogante e superbo.Un mago, per punirmi, mi aveva trasformato in un mostro. Grazie a te, l'incantesimo si è spezzato, perchè, per la prima volta, ho saputo apprezzare un gesto di amicizia".
Priscilla ed il castoro si innamorarono e vissero per sempre felici e contenti lungo le sponde del fiume azzurro.
adima gabriela



mercoledì 30 maggio 2007

PIRATI, CIOCCOLATA e CHA CHA CHA




L'isoletta di Cacau era in fermento: uccelli che svolazzavano da una parte all'altra, animali che correvano nella giungla, uomini che conversavano animatamente tra di loro. Gli unici normali erano i bambini che, come al solito, giocavano rumorosamente e allegramente rincorrendosi sulla spiaggia. E allora perchè tutta questa frenesia? Il motivo c'era perchè sulla spiaggia si stava avvicinando il vascello del pirata Bruttomuso che, con il suo mozzo fantasma, approdava come al solito nell'isola, per depredarla dei semi di cacao.
Bruttomuso oltre ad essere veramente brutto era alto quanto un ratto messo in piedi. Allora perchè gli abitanti avevano paura di un simile soldo di cacio e di un fantasma caduto in disgrazia tanto tempo fa? Il problema era che il mozzo fantasma, cacciato via in malo modo dal regno degli stregoni , aveva inventato una polverina magica della quale si serviva regolarmente Bruttomuso per le sue razzie. Appena il vascello attraccava vicino alla spiaggia Bruttomuso imbracciava la sua spingarda e sparava la polverina magica: alcuni attimi dopo tutti gli abitanti, ma proprio tutti, compresi i lombrichi, venivano presi da una irrefrenabile voglia di ballare il cha cha cha; ballavano per ore e ore finchè stremati cadevano a terra e dormivano per giorni interi ed il pirata, aiutato dal fantasma, rubava indisturbato tutti semi di cacao dell'isola e spariva.
Bruttomuso infatti era così ghiotto di cioccolata che la usava perfino per farsi il bagno ed il cacao degli isolani era il migliore in assoluto, oltre ad essere famoso, per la sua bontà in tutte le altre isole del mondo.
Ma torniamo a Cacau. Non appena il vascello attraccò tutti gli isolani, impauriti e ormai rassegnati al ballo forzato, aspettarono nascosti fra le piante che la pestifera spingarda sparasse la polvere ballerina. Passarono alcune ore, poi ancora altre ed altre ancora ma nulla accadde. Come mai Bruttomuso non si vedeva? Gli uccelli, impauriti, si consultarono con il grande uccello Nero che a sua volta si incontrò sia con gli umani che con gli animali della giungla: tutti d'accordo, decisero di mandare, durante la notte, due serpenti dentro il vascello, per capire come mai Bruttomuso non si fosse ancora fatto vivo. Temevano infatti che il pirata stesse escogitando qualche brutto scherzo!
I serpenti, a notte fonda, strisciarono, quatti quatti, dentro il vascello ma non videro nessuno. Quando si erano ormai convinti che non ci fosse anima viva sentirono dei rumori provenienti dalla stiva, un tip-tap continuo e costante....
Si avvicinarono alla finestrella e videro Bruttomuso che ballava senza mai fermarsi mentre il mozzo fantasma rideva a crepapelle! Capirono che il pirata, per errore, si era sparato addosso la polvere ballerina rimanendo così vittima della sua stessa cattiveria! I serpenti, approfittando dell'insolita occasione, lo avvinghiarono mentre continuava a dimenarsi e lo portarono davanti a tutti gli abitanti di Cacau che , a quella scena, scoppiarono tutti a ridere. Il mozzo fantasma, che alla vista dei due serpenti era scappato di gran carriera, sparì per sempre portando con sè la magica polvere.
Bruttomuso rimase sull'isola di Cacau ed aiutò gli abitanti a coltivare i semi di cacao. Dopo tanto tempo si mise a preparare delle buonissime cioccolate e riuscì a diventare amico degli isolani.
Egli trasformò il vascello, ormai fermo sulla spiaggia, in una cioccolateria, ma mai e poi mai levò la bandiera pirata dove era disegnato il suo brutto grugno.
adima gabriela

sabato 26 maggio 2007

LA FATA SVAMPITA


La Regina delle fate era furibonda! Quel giorno un elfo, trattenendo a stento una risata, le aveva riferito che nel bosco giravano degli strani animali colorati: un pesce con le orecchie da coniglio ed i piedi ed un coniglio con il becco di un uccello ed il corpo di un orso.
Il pesce trascinava lentamente i suoi piedoni, calzati in un paio di scarpe, lamentandosi che gli facevano male perchè, vista la sua natura, non era abituato a camminare; il coniglio aveva serie difficoltà a rosicchiare le carote con il becco adunco ed inoltre, non riuscendo più a correre e saltare per la sua mole, stava diventando troppo grassottello!
La Regina delle fate sapeva fin troppo bene che l'artefice di tale disastro era la fata Svampita.
Quella fata, oltre ad aver combinato una serie di disastri, era riuscita a far ridere a crepapelle perfino gli orchi, loro eterni nemici, per i suoi ridicoli esperimenti di magia ; per non parlare poi degli umani che, come vedevano Svampita, scappavano a gambe levate, temendo di essere trasformati chissà in quali bestie strane!
La Regina mugugnava tra sè che Svampita non era una cattiva fata, ma la sua distrazione e la sua confusione con le formule magiche, avevano ormai reso ridicolo il fantastico mondo delle fate. Per non parlare poi dell'abbigliamento! Invece di vestirsi di azzurro, come tutte le fate, lei andava in giro per i boschi con i vestiti così colorati che anche le talpe, in piena notte, riuscivano a vederla.
La Regina delle fate, dopo aver bofonchiato a lungo su tutta la situazione, decise che era ora di richiamare Svampita all'ordine. La convocò urgentemente e lei arrivò, come sempre, con la testa fra le nuvole ed inciampando a più non posso. Naturalmente non si ricordava di aver creato degli strani animali e pertanto le fu un pò difficile capire le lamentele della Regina . Quando si rese conto della situazione si offrì di rimediare al danno ma la Regina, alzando gli occhi al cielo e sospirando a più non posso, le disse che per fortuna aveva già provveduto lei a far riprendere ai poveri animaletti le loro vere sembianze.
La Regina informò Svampita che per un pò di tempo non avrebbe più avuto la sua bacchetta magica e la rispedì di gran carriera alla scuola di Magia e Attenzione del gran Gufo Bador !
Povera Svampita! Fu un duro periodo per lei! Tutti i giorni studiava e si impegnava con le formule magiche ma la distrazione...quella era proprio difficile da combattere ! La Regina delle fate, che aveva ormai perso le speranze, ebbe un'idea: rese a Svampita la sua bacchetta magica e le chiese di occuparsi del giardino fatato dove, almeno ,non avrebbe combinato dei disastri....
Passarono alcuni mesi e la Regina delle fate decise di vedere cosa stava combinando Svampita con la sua pestifera bacchetta magica. Entrò nel giardino fatato e rimase abbagliata dai bellissimi e stranissimi fiori e dai loro colori meravigliosi: non aveva mai visto un giardino così bello e diverso da tutti gli altri giardini fatati. Capì che solo la distrazione di Svampita e la sua confusione con le formule magiche avevano reso possibile tutto ciò !
Svampita fu nominata, con sua grande felicità, Regina dei fiori e si occupò da allora in poi solo di loro con grande confusione e distrazione. Il successo fu garantito!
adima gabriela

mercoledì 16 maggio 2007

RAVAL

Raval era un antico villaggio, circondato da alte montagne e verdi prati. Nonostante l'apparente serenità, a Raval, da un pò di tempo, la discordia era di casa.
Gli abitanti del villaggio, i De Gufis ed i Civettonis, che fino a poco tempo prima erano buoni amici, erano passati alle vie di fatto: dispetti, insulti, calunnie...insomma una situazione veramente difficile!
Nessuno riusciva a pacificare gli animi da quando un Civettonis, per distrazione, aveva mangiato un verme che apparteneva ai De Gufis!
Il villaggio, proprio a causa di tale sciocchezza, si era praticamente diviso in due fazioni.
Gli unici felici erano i figli dei due litigiosi gruppi; giocavano tranquillamente e non si preoccupavano delle beghe dei loro genitori.
Un bel giorno, dopo una delle solite litigate, i Civettonis e i De Gufis decisero di costruire un muro di rami secchi e fango per dividere il villaggio a metà e separarsi definitivamente .
Nessuno di loro aveva però fatto i conti con i propri figli! Questi ultimi appena capirono le intenzioni dei loro genitori, unirono le loro piccole ali e fecero una catena di gufetti e civettini per impedire la costruzione del muro. Loro non volevano separarsi !
Sia i De Gufis che i Civettonis compresero che i loro piccoli figli erano sicuramente più saggi di loro. Decisero pertanto di riappacificarsi dopo essersi chiesti reciprocamente scusa.
Il villaggio di Raval riprese finalmente la sua vita normale e la serenità , da allora in poi, non fu più apparente.
Raval fece onore al suo nome, coniato dagli abitanti del villaggio con le iniziali di alcuni colori quali il rosso, l'arancio, il verde, l'azzurro, il lilla. Mescolati tra loro davano origine ad un unico ed indivisibile colore: quello dell'amicizia.
Adima Gabriela

venerdì 4 maggio 2007

LA TELA DI PENELOPE

Penelope era un ragno che viveva dentro una buia caverna insieme a tanti altri ragni. Penelope era diversa dagli altri ragnetti: romantica, sognatrice, insomma un po' eccentrica!
Mentre tutti i ragni tessevano la loro tela come natura comanda, lei invece no! Si era fissata che la sua tela doveva assomigliare ad un'opera d'arte e così tesseva ricami e fronzoli che colorava con i colori dei fiori. Risultato: gli insetti che doveva acchiappare scappavano tutti perchè i ricami colorati svelavano l'esistenza della tela. Penelope aveva per questo motivo sempre fame. Gli altri ragni, quando la vedevano affamata, le procuravano il suo cibo preferito: insetti e piccole larve. Appena Penelope sbatteva i suoi occhioni e sospirava gli altri ragni capivano che il suo stomaco brontolava.
Un giorno la tela di Penelope fu apprezzata da un grasso e ricco ragno che, per ricompensarla di tale bellezza, le regalò una tela piena di miriadi di insetti, affinchè lei potesse continuare a ricamare senza doversi privare del cibo.
Penelope divenne un ragno famoso e non si scordò mai dei suoi amici della caverna.
Adima Gabriela

giovedì 3 maggio 2007

IL PICCOLO FOLLETTO VERDE

Il piccolo folletto verde viveva in mezzo ai prati nascosto tra l'erba. A volte nessuno lo poteva vedere perchè si mimetizzava perfettamente con i fili d'erba.
Quando arrivava la primavera iniziava un periodo di gioco e di felicità per il folletto. Poteva intrufolarsi dentro i petali dei fiori profumati e divertirsi a fare gli scherzi alle farfalle e alle api che si cibavano del nettare. Gli piaceva in particolare soffermarsi sotto gli alberi di ciliegio in fiore. Quando c'era un po' di vento i petali delicati dei fiorellini di ciliegio cadevano sul prato alla rinfusa. Il folletto raccoglieva tutti i petali e costruiva un soffice lettino dove faceva il pisolino pomeridiano. Poi si svegliava e aspettava le amiche farfalle e le api che gli portavano un po' del nettare dei fiori. Tutti insieme si sedevano comodamente sulle foglie e facevano la merenda ridendo e scherzando.
Il folletto era felice e pensava di essere molto fortunato a vivere nel prato pieno di fiori freschi e profumati, circondato da amici sinceri.
Era piccolo piccolo ma aveva un cuore grande pieno di felicità. E questa era la sua più grande ricchezza.
Daniela

giovedì 19 aprile 2007

FLORALIA


L'isola di Floralia si affacciava sul Mare Incantato. Era bellissima, i suoi fiori erano di mille colori ed il mare cristallino si infrangeva pigramente, con le sue onde, contro la spiaggia dorata.
Il cielo era sempre azzurro e tutti i giorni spirava una lieve brezza che rendeva piacevole la vita ai suoi abitanti. Questi ultimi vestivano con abiti colorati tanto da confondersi con i fiori. Erano persone semplici, serene e condividevano tra loro gioie e difficoltà. I bambini potevano giocare liberamente sulla spiaggia e rincorrersi nei prati immensi. Insomma Floralia era un'isola felice!
Il capo del villaggio era un uomo anziano e saggio e si preoccupava del benessere della sua gente.
Egli possedeva un segreto tramandatogli da suo padre: un amuleto ed un pugnetto di monetine d'oro che appartenevano ad uno sciamano e da lui lasciati sull'isola nella notte dei tempi.
L'amuleto serviva a far vivere serenamente gli abitanti dell'isola, proteggendoli dalla cattiveria e dall'invidia ed il pugnetto di monete, a far comprendere come la serenità fosse raggiungibile anche senza la ricchezza.
Un giorno, un uccello impiccione, mentre volava sopra l'isola, sentì il capo del villaggio che tramandava tale segreto al figlio primogenito; forse per il rumore delle onde o per le grida dei bambini che giocavano, l'uccello capì ben poco di quello che diceva il capo del villaggio, ma, in compenso, si convinse dell'esistenza un immenso tesoro.
L'uccello non era solo un impiccione ( spesso i difetti viaggiano in compagnia!), ma anche un grande pettegolo e pur di rendersi interessante agli altri uccelli, spifferò il segreto ad uno stormo che volava sull'isola. Questo, a sua volta, lo raccontò ad un altro stormo e così via... Ognuno aggiungeva in tale racconto nuovi particolari , finchè tutti, compresi i pesci, conobbero il "segreto dell'isola".
Un giorno a Floralia arrivarono dei brutti ceffi che, spaventando gli abitanti, pretendevano di sapere dove fosse nascosto il tesoro del capo villaggio.
Il vecchio saggio, preoccupato per l'incolumità dei suoi abitanti , prese l'amuleto ed il pugnetto di monetine per consegnarli, seppur con molta tristezza, ai brutti ceffi. Questi appena videro il "tesoro", convinti che il vecchio si stesse prendendo gioco di loro, minacciarono pesanti ritorsioni contro gli isolani .
Il vecchio, ormai disperato, non sapeva più cosa fare.....
Improvvisamente, l'amuleto che teneva tra le mani, divenne grande, sempre più grande, enorme... una massa verdastra vischiosa che simile alla tela di un ragno si avvolse intorno ai brutti ceffi sollevandoli in alto, sempre più...per farli poi ricadere pesantemente sull'erba!
La massa vischiosa era lo spirito dello sciamano che riposava da secoli dentro l'amuleto!
Terrorizzati, i brutti ceffi, persero la loro baldanza e scapparono come dei conigli a gambe levate, inseguiti dagli abitanti e da tutti gli animali dell'isola. I brutti ceffi salparono precipitosamente e si scordarono per sempre di Floralia.
Ah! Dimenticavo! Che fine fece l'uccello impiccione e pettegolo? Lo sciamano, prima di rientrare dentro l'amuleto, lo trasformò in una gallina muta e lo mise in un pollaio dove, pur sentendo i migliori segreti, non potè più spifferarli!
adima gabriela

domenica 15 aprile 2007

LA RANOCCHIA INNAMORATA

La ranocchietta viveva nello stagno del castello; uno stagno luminoso e profondo pieno di ninfee morbide e colorate.
Era una ranocchietta vivace e sognatrice e spesso, fin troppo spesso, immaginava di trasformarsi in una bellissima principessa. A furia di sognare ad occhi aperti evitava gli altri ranocchi che invece, incantati dalla sua vivacità e curiosità, desideravano essere suoi amici.
Ma perchè la ranocchia sognava di trasformarsi in una bellissima principessa? Semplice! Si era follemente innamorata del capitano delle guardie reali che ogni sera, finito il suo turno di lavoro, si sedeva meditabondo su un muretto vicino allo stagno.
La ranocchietta lo osservava nascosta dietro le foglie delle ninfee, con il suo piccolo cuore in subbuglio. Come era bello il capitano nella sua divisa nera con gli alamari dorati!
Spesso si accostava a lui per farsi notare ma il capitano, infastidito, la cacciava via con un gesto della mano. Insomma la ranocchia non sapeva più cosa escogitare per farsi notare ed accettare dal suo amato. Ormai non aveva alcuna speranza.
Un giorno un piccolo folletto, comprendendo il tormento amoroso della ranocchia e stanco di passar le notti insonni a causa dei suoi continui lamenti , si offrì di realizzare il suo sogno ma solo per un breve periodo di tempo. La rana accettò immediatamente e ...voilà fu trasformata in una meravigliosa fanciulla.
La sera, quando vide il suo bel capitano, si avvicinò timidamente ed egli la guardò rapito dalla sua bellezza. Iniziarono a discorrere e dopo un bel pò di tempo la ranocchia si rese conto che pretendeva di parlare solo lui. Il capitano era vanesio e maleducato e mentre parlava con lei si infilava addirittura le dita dentro il naso! Che orrore!
La ranocchia si rese conto come il bell'aspetto del capitano fosse solo apparente; pian piano iniziò a vederlo come era realmente : un uomo sgradevole, dal volto grigio, dagli occhi spenti e dal cuore arido. Con amarezza comprese di essere stata superficiale e di aver dato importanza solo all'aspetto del bel capitano senza realmente conoscerlo!
Chiamò disperatamente il folletto e gli chiese di ritrasformarla in una ranocchia. Voleva ritornare nel suo mondo che aveva fino ad allora disprezzato, vivere accanto agli altri ranocchi che l'amavano per come era, vivace curiosa e...rana! Sperò ardentemente che i suoi amici l'accettassero ancora. Il folletto, che ben conosceva il capitano delle guardie, non se lo fece ripetere due volte, sperando che tale lezione fosse stata utile alla ranocchietta.
Da allora il folletto dormì sonni tranquilli e la ranocchietta visse felice, insieme agli altri ranocchi, nel suo luminoso stagno.
adima gabriela

venerdì 6 aprile 2007

LA COCCINELLA AVVENTUROSA


Le coccinelle scalavano lentamente i fili d'erba del prato. Erano visibili per il loro bellissimo color rosso picchiettato di nero.
Mamma coccinella aveva loro raccomandato di non allontanarsi da sole perchè, essendo ancora troppo piccine, potevano correre il rischio di essere calpestate o prese dagli umani.
Tutte le coccinelle ubbidirono tranne quella più curiosa ed avventurosa; lei desiderava conoscere il mondo che stava oltre il prato. Sapeva che quel piccolo spazio rappresentava solamente una parte di quel mondo che lei sognava di conoscere, un mondo che immaginava fantastico e privo di pericoli.
Così, all'insaputa della mamma, si allontanò e fiera della sua decisione iniziò a svolazzare tra i fiori ammirandone le forme ed i vividi colori; un'ape infastidita la cacciò via ma lei non se la prese . Trovò una bellissima margherita bianca dove si posò per riposare ma il suo colore rosso, che contrastava con il bianco del fiore, attirò l'attenzione di un perfido bambino che la prese tra le dita con l'intenzione di staccarle le piccole ali.
Impaurita e non in grado di difendersi la povera coccinella capì di essere in pericolo: senza le ali non avrebbe potuto realizzare i suoi sogni e la sua vita non avrebbe avuto più senso! Desiderò aver dato retta alle raccomandazioni di mamma coccinella e ripromise a se stessa che se si fosse salvata non avrebbe più disubbidito.
Per fortuna la mamma del perfido bimbo quando comprese le sue intenzioni si arrabbiò e gli intimò di liberare la coccinella. Quest'ultima, stremata per la sua disavventura, si appoggiò ancora tremante ad un grosso stelo. Qui venne ritrovata dalla sua mamma che la cercava preoccupata .
La piccola coccinella aspettò di crescere per poter scoprire il mondo da sola e realizzare così il suo sogno. Divenne infatti una avventurosa e famosa coccinella viaggiatrice .
adima gabriela

lunedì 2 aprile 2007

PIPISTRELLI ALLA RISCOSSA


I pipistrelli uscirono all'imbrunire dalla loro caverna scura e fredda alla ricerca di insetti e frutta.
Volavano tutti insieme, non si staccavano mai l'uno dall'altro perchè avevano paura del grosso ratto che ogni notte si appostava sugli alberi per aggredirli.
Il ratto era nero, aveva gli occhi rossi ed il pelo ispido. I due dentoni anteriori completavano l'opera! Egli saliva veloce come il fulmine sugli alberi e quando vedeva i pipistrelli avvicinarsi tentava di azzannarli.
Ma il ratto non sapeva che i pipistrelli, stanchi di subire le sue angherie, quella notte avevano escogitato un piano!
Lo stregone del bosco, per punire il topaccio, aveva preparato una potente pozione magica che i pipistrelli trasportavano ora in una piccola ampolla .
Essi dopo aver volato a lungo videro il ratto appostato in loro attesa.
Nonostante la paura gli lanciarono l'ampolla sulla testa pelosa ed il ratto stramazzò al suolo stordito e ricoperto da una fumante nuvola verdastra. I pipistrelli, finalmente tranquilli, si allontanarono per cercare indisturbati il cibo.
Quando il ratto si riprese si senti strano e vide intorno a sè degli enormi e mostruosi animali. La magica pozione l'aveva trasformato in un microcoscopico e pauroso topolino! La formica era più grande di lui!
Quando dopo tanto tempo riprese le sue vere sembianze non aggredì mai più gli altri animali .
adima gabriela

domenica 1 aprile 2007

IL MALEFICO APPRENDISTA STREGONE


Lo stregone del villaggio aveva assunto un apprendista stregone. Egli era basso di statura, pelato e quando parlava assomigliava ad un'oca starnazzante. L'apprendista aveva fatto credere allo stregone di essere una persona buona e sincera mentre in realtà era scaltro e malvagio.
Di nascosto preparava nel bosco, dentro un nero pentolone, delle pozioni malefiche, facendo credere a tutti che fossero miracolose.
L'apprendista trasformava i gatti in scarafaggi, pietrificava gli scoiattoli, faceva scomparire i fiori colorati dai prati e rubava i giocattoli ai bambini.
Lo stregone iniziò a sospettare che il suo apprendista fosse malvagio quando trovò nel bosco uno scoiattolo pietrificato. Lo liberò dall'incantesimo e la bestiola, ancora spavantata per la brutta avventura, gli raccontò quello che gli aveva fatto l'apprendista.
Lo stregone ritornò nel villaggio come un fulmine, fece un incantesimo e trasformò l'apprendista in un tamburo! Poi lo inserì nella banda musicale del villaggio che suonava tutti i giorni!
Quando l'apprendista riprese le umane sembianze, era così rincitrullito dai colpi ricevuti che non pensò più ai malefici incantesimi!
adima gabriela

L'ARCOBALENO


Un giorno i colori dell'arcobaleno furono rubati dalla fatina birichina che li voleva utilizzare per dipingere le pareti della sua casetta incantata. Infatti la fatina, nonostante sapesse usare la magia, non riusciva a creare colori così belli e splendenti come quelli dell'arcobaleno.
Gli uccellini che amavano sfrecciare nel cielo giocando con l'arcobaleno si accorsero che qualcuno aveva rubato i suoi colori. Disperati iniziarono a cinguettare, tutti insieme, facendo un gran baccano, notte e giorno.
La fatina birichina non riusciva più a dormire nè a fare le sue magie a causa del frastuono provocato dagli uccellini.
Capì allora che la colpa era sua perchè aveva rubato i colori dell'arcobaleno. Poveri uccellini pensò! Tutto sommato poteva colorare le pareti della sua casetta con i colori che usava per dipingere i fiori che sbocciavano in primavera.
Così restituì i colori all'arcobaleno che potè brillare nuovamente nel cielo circondato dagli uccellini festosi.
daniela

LA RIUNIONE DELLE STREGHE


Tutte le streghe decisero di riunirsi presso il bosco degli alberi scuri. Arrivarono da ogni parte della terra a cavallo delle loro scope di saggina. Dovevano incontrarsi per discutere dei loro incantesimi, delle pozioni e delle formule magiche. Qualche formula andava modificata perchè aveva causato dei litigi tra loro e gli umani.
Le streghe non erano cattive. Erano solamente tanto vecchie e un pò bruttarelle. Viste tutte insieme sembravano tante tartarughe rugose; tra loro ridevano e scherzavano con grida rauche.
Nessuna di loro si stupiva più di tanto per la reciproca bruttezza. Quando finalmente si riunirono intorno ad un albero scuro, arrivò improvvisamente un'altra strega. La videro giungere velocemente giù dal cielo con un piccolo fagotto dietro la schiena. Quando la scopa, dopo una serie di evoluzioni, atterrò nel bosco, le vecchie streghe scoprirono che la nuova arrivata era giovane e bellissima: la sua pelle era luminosa, i suoi occhi splendenti, la sua voce squillante.
Il fagotto dietro la schiena si aprì ed apparve un piccolo bimbo dallo sguardo vivace e dalle gote rosse: era il piccolo figlio della giovane strega!
Le vecchie streghe ammutolirono. Nessuna di loro aveva dei figli; non era mai accaduto che una strega fosse contemporaneamente anche una mamma ! Esse chiesero pertanto alla giovane strega se il suo bell'aspetto ed il bimbo fossero per caso opera di un bizzarro incantesimo.
La bella strega iniziò a ridere di gusto riferendo che l'unico incantesimo era stato semplicemente quello dell'amore che provava nei confronti del suo bambino e del padre di quest'ultimo.
adima gabriela

GLI UCCELLI MIGRATORI


Uno stormo di uccelli partì dall'Isola Sperduta per raggiungere l'Isola dell'Abbondanza. Lo stormo era composto da uccelli grandi, piccoli e da intere famiglie.
Lo stormo si innalzò lentamente formando delle strane figure geometriche. I colori delle piume si mischiarono tra loro ed il cielo divenne quasi scuro.
Il viaggio fu lungo e faticoso, molti uccelli per la stanchezza caddero in mare e furono salvati dai pescatori; lo stormo stremato raggiunse infine l'isola dell'Abbondanza. Qui finalmente avrebbero potuto nutrirsi a sazietà e costruire i loro nidi.
Planarono lentamente sulla spiaggia dell'isola dove furono accolti dagli uccelli che l'abitavano. Essi non volevano però che lo stormo restasse nell' isola e si nutrisse del loro cibo e questo nonostante loro fossero grassi e mangiassero in abbondanza tutti i giorni !
Il capostormo dell'Isola Sperduta si fece avanti e spiegò che la sua terra era povera, mancava il cibo e pertanto anche loro avevano la necessità di mangiare e di formare i nidi in un posto più accogliente. Egli riuscì a convincere gli uccelli dell'Isola dell'Abbondanza.
Lo stormo rimase nella nuova isola per lunghi anni aiutato nella costruzione dei nidi dai suoi abitanti. Tra i due gruppi di uccelli, seppur diversi, nacque una salda amicizia che durò per sempre.
adima gabriela


GLI INCUBI


La strega Nazza, nera come il carbone,viveva in una caverna umida e buia popolata da creature orripilanti.
I suoi più fedeli collaboratori erano un topastro nero e grasso e una puzzola fetida e spelacchiata.
La strega, durante la notte, preparava in un grosso pentolone una pozione magica che provocava ai bambini terribili incubi. Il topastro e la puzzola la spargevano sopra i tetti delle case ed i bambini, che dormivano placidamente nei loro lettini, venivano assaliti dagli incubi.
Una notte, un bambino molto furbo e coraggioso, vide il topastro e la puzzola che spargevano la pozione magica sui tetti. Capì subito che le due orribili creature erano i collaboratori della strega Nazza . Infatti, qualche giorno prima, il bambino aveva avuto un incubo notturno in cui la strega nera mescolava la pozione nel pentolone sghignazzando crudelmente . Nello stesso sogno il bambino aveva visto il luogo esatto dove si trovava la caverna. Il giorno dopo si recò nel bosco e trovò la caverna della strega.
Con l'aiuto degli uccelli, degli scoiattoli e dei cerbiatti, chiuse l'ingresso della caverna utilizzando pietre, rami e fango. Ogni animale diede il suo contributo e quando l'ingresso fu sigillato il bambino ringraziò i simpatici animaletti e ritornò a casa.
Da quel giorno i bambini non ebbero più gli incubi; la notte dormirono beatamente sognando le fate del bosco ed i folletti che dipingevano i loro sogni con i colori delle farfalle.
daniela

sabato 31 marzo 2007

L'UCCELLO ESOTICO


Il prato della Terra Pallida era morbido e bagnato di rugiada. Alcuni piccoli insetti stavano immobili, nascosti tra l'erba si riscaldavano ai tiepidi raggi del sole.
Un uccello esotico, dalle piume colorate, passeggiava nel prato. Si sentiva triste e solo perchè lui proveniva dalla Terra del Sole.
Era arrivato da solo nella Terra Pallida, attraversando il mare e le montagne, alla ricerca dei suoi amici che si erano spostati con uno stormo tanto tempo prima. Purtroppo non li aveva ancora trovati! Così continuava a cercarli ma ormai si sentiva scoraggiato.
I piccoli insetti videro il bellissimo uccello e capirono che forse aveva qualche problema e non era felice. La coccinella, nonostante la sua timidezza si fece coraggio, si avvicinò all'uccello esotico e gli chiese se lei ed i suoi piccoli amici potevano aiutarlo rendendosi utili.
L'uccello raccontò la sua storia e spiegò che desiderava ritrovare i suoi amici.
La coccinella raccontò la storia agli altri insetti, gli altri insetti la raccontarono alle rane, le rane agli scoiattoli, gli scoiattoli ai gatti, i gatti alle aquile reali e così via...Ci fu in tam-tam, finchè tutti gli animali della terra Pallida conobbero la storia dell'uccello esotico.
Un giorno, mentre quest'ultimo passeggiava malinconico nel prato, si sentì chiamare con il suo nome. Si girò sorpreso e vide gli amici che cercava da tempo! Li raggiunse felice e si rese conto che solo la solidarietà degli altri animali aveva reso possibile la realizzazione del suo sogno!
adima gabriela

mercoledì 28 marzo 2007

IL CIGNO NERO

Il cigno nero scivolava sull'acqua di un laghetto in cui i colori del sole si riflettevano allegramente.
Il cigno era flessuoso, lieve e superbo. Si sentiva importante e non salutava gli altri animali perchè la consapevolezza della sua bellezza era la sua unica ragione di vita.
Un giorno un ratto cattivo lo morsicò procurandogli una brutta ferita ad una zampa.
Il cigno ferito non poteva cavarsela da solo, doveva procurarsi il cibo e per tale motivo aveva bisogno dell'aiuto degli altri animali.
Arrivarono la puzzola, lo scoiattolo e tutti quegli animaletti che il cigno, a causa della sua superbia, aveva ignorato per tanto tempo.
Egli imparò così a conoscere gli altri animali, ad apprezzarli per l'aiuto che gli davano in quel difficile momento nonostante il suo brutto carattere.
Il cigno capì che la sola bellezza priva dell'affetto e dell'amicizia non era importante.
Da allora le sue giornate furono sempre serene grazie ai suoi piccoli nuovi amici.
adima gabriela

LA PICCOLA FOCA

La piccola foca era tanto triste, viveva in uno zoo lontana dalla sua terra natia dove desiderava ritornare. Sentiva la mancanza dei suoi amici, voleva ancora giocare con loro e tuffarsi nelle gelide acque del mare di ghiaccio.
Un giorno pensò così intensamente a tutto questo che il suo corpo cominciò a diventare sempre più trasparente fino a scomparire del tutto dallo squallido recinto dello zoo.
La piccola foca si trovò improvvisamente in un immenso mare pieno di ghiaccio circondata da altre foche giocherellone.
Aveva realizzato il suo sogno con la forza del suo desiderio!
adima gabriela

martedì 27 marzo 2007

TIMIDEZZA


Era un animale strano. Giallo, grosso e goffo. Ma così tenero!
Spesso si nascondeva perchè non voleva fare amicizia con gli altri animali del bosco; temeva che lo prendessero in giro per il suo aspetto goffo.
Un giorno decise di superare la sua timidezza e di fare amicizia. Rimase stupito dalla facilità con cui riuscì a parlare con gli insetti, i fiori e tutti gli altri animali. Comprese di avere inutilmente sprecato del tempo, nessuno può vivere da solo, gli amici sono importanti, l'aspetto fisico invece non lo è. Tutti abbiamo pregi e difetti, tutti siamo belli e brutti. Gli amici ci accettano così come siamo perchè ci amano.
adima gabriela

GLI UOMINI SPINOSI




Gli uomini spinosi vivono nella foresta di fichi d'india. gli aculei li proteggono dalle spine delle piante di cui mangiano i frutti e bevono il succo.
Nonostante l'aspetto feroce sono molto dolci ed affettuosi. Hanno qualche difficoltà ad abbracciarsi e si fanno la doccia senza insaponarsi. Periodicamente si lucidano le spine con l'olio di cocco. Le donne usano i fiocchi colorati per distinguersi tra loro.
Le spine li proteggono dagli animali feroci, dagli uccelli rapaci e dai draghi giocherelloni.
adima gabriela


I PESCI COLORATI


Nel profondo mare blu i pesci colorati nuotano e giocano tra loro felici.
Un giorno decidono di unirsi tutti insieme formando strane figure colorate.
I pesci si confondono fra loro: grandi, piccoli, di forme diverse. Alla fine decidono di rimanere sempre insieme perchè anche se sono diversi nella forma e nel colore, tra di loro è nata un'amicizia che nessuno potrà spezzare.
A volte litigano, ma non importa. Insieme sono riusciti a creare nuove strane forme di pesci che nessuno aveva mai visto prima nel mare.
daniela

LE DUE STREGHE INVIDIOSE


Nazi e Mati erano due streghe antipatiche e cattive. Ambedue avevano in comune la stupidità e un sorriso finto.
Nazi era alta, sgraziata ed assomigliava ad una tartaruga rugosa. I suoi capelli sembravano tanti piccoli spiedi perchè Nazi amava molto il gel.
Mati era più larga che lunga e quando camminava, vista da dietro sembrava un budino tremolante.
I loro finti sorrisi completavano l'opera, a volte sembravano incollati tanto erano innaturali.
Ambedue soffrivano di una grave malattia: l'invidia.
Erano ossessionate e divorate dall'invidia e per tale motivo detestavano le altre streghe che riuscivano a fare con impegno e fatica gli incantesimi buoni.
Nazi e Mati non ci riuscivano, non ammettevano di essere delle stupide streghe che impegnavano il loro tempo ad invidiare. L'invidia era il loro sport preferito.
Mettevano in atto una serie di cattiverie, tramando contro le altre streghe con incantesimi sempre più pericolosi e cattivi.
Nazi e Mati si sentivano potenti. Erano convinte che con la cattiveria e l'inganno l'avrebbero sempre fatta franca. Provavano piacere nel vedere le altre streghe sempre più in difficoltà.
Un giorno Nazi sbagliò la pozione di cattiveria e invidia e Mati essendo troppo stupida non se ne accorse. Ambedue riempirono i loro bicchieri e con un brindisi la mandarono giù.
Nazi si trasformò in un cammello sporco e pulcioso, Mati in un grasso maiale.
Chiesero aiuto alle altre streghe affinchè preparassero una contropozione che le aiutasse a riprendere l'aspetto normale (si fa per dire).
Le altre streghe si rifiutarono di aiutarle.
Nazi finì in una carovana di cammelli nel lontano deserto del Sahara; Mati a grufolare in una porcilaia.
adima gabriela

LA FORESTA INCANTATA


La foresta poteva sembrare normale agli occhi del viaggiatore che durante il giorno l'attraversava a cavallo. Gli animali rimanevano nascosti e dai loro nascondigli osservavano gli intrusi che passavano. Ma durante la notte, nera come il petrolio, nel buio assoluto, la foresta incantata si popolava. I suoi meravigliosi abitanti potevano lasciare i nascondigli e mostrare il loro splendore. Uccelli dalle piume colorate, occhi infuocati, animali sconosciuti, brillavano nella notte e animavano la foresta incantata. Nessuno aveva mai potuto vedere tutti questi animali misteriosi e splendidi. Una notte però un viaggiatore sfinito per il lungo viaggio si fermò a riposare al riparo di un albero della foresta incantata. Nel buio assoluto gli abitanti della foresta lasciarono i loro nascondigli come sempre. Il viaggiatore si svegliò ed assistette al magico spettacolo degli animali misteriosi.
Al mattino tutto tornò normale: non c'era nessuna traccia della magia della foresta incantata. Il viaggiatore riprese il suo cammino e pensò allo strano sogno che aveva fatto durante la notte e disse tra sè e sè che sarebbe stato bellissimo se gli animali fantastici che aveva visto nel suo sogno avessero popolato veramente la foresta. Il viaggiatore pensò spesso a questo sogno raccontandolo ai suoi figli la sera prima di andare a dormire.
daniela

COLORE


Buio! Buio! Il bambino aveva l'impressione di vivere in un mondo buio. Tutto era bianco e nero. Una strega antipatica aveva carpito tutti i colori perchè aveva deciso di portarli nel suo mondo scuro. E adesso? Che tristezza!! Come convincere quell'antipatica a ridare colore al cielo, ai fiori, al mare, alle caramelle... E si! Le caramelle in bianco e nero non sono molto allettanti per gli occhi...e perchè no, anche per il palato!! Il bambino chiamò a lungo la strega antipatica, anzi a dir la verità tentò di farlo con un fischietto spaccatimpani. Ci riuscì finalmente! La strega si presentò stordita dai fischi prolungati e dopo aver sentito le ragioni del bimbo, che non voleva vivere in un mondo privo di colori, ne convenne che anche lei non voleva vivere in un mondo troppo colorato. Il suo mondo era infatti sempre sempre stato scuro. Riportò tutti i colori, anzi ci fu una esplosione di colori in cui il giallo, il rosso, l'indaco, il verde, si mischiarono inizialmente per poi posizionarsi sui fiori, nel cielo, nel mare e soprattutto... nelle caramelle!!
adima gabriela

LA RANA


La rana saltellava felice nello stagno, sull'acqua dorata dal sole. Si fermava poi sopra una grande foglia verde per riprendere fiato ed osservare le libellule che le sfrecciavano intorno.
La grande foglia verde era la sua preferita fra tutte quelle dello stagno. Talvolta un grosso rospo dagli occhi rossi infuocati utilizzava la grande foglia verde per il suo pisolino; poi infastidito dalle libellule che affollavano lo stagno andava via infuriato.
La rana guardava da lontano ed aspettava pazientemente che il grosso rospo dagli occhi rossi si allontanasse dalla "sua foglia".
Dopodichè quando la foglia era libera, la raggiungeva con balzi veloci e felice contemplava l'acqua dorata. Le amiche libellule le sfrecciavano intorno festosamente creando nel cielo disegni fantastici.
daniela

LA FORESTA TROPICALE


La foresta tropicale appariva scura e minacciosa...
Il piccolo bimbo, disteso nel suo morbido lettino, sotto le calde coperte, immaginava di essere un esploratore...La foresta era nera e lui non riusciva ad orientarsi. Improvvisamente vide degli occhi che lo scrutavano incuriositi, occhi grandi e luminosi come tante piccole stelle; poi delle bocche grandi e rosse che parlottavano tra di loro incuriosite per la sua presenza...
Il bimbo provò un piccolo piacevole brivido di terrore al pensiero di quegli occhi e quelle bocche... fino a quando il sonno non lo colse impreparato.
adima gabriela